La mia opinione sull'arresto dei tre volontari di Emergency,
Cari amici
in questi ultimi tre giorni avrete visto le immagini alla tv o sui quotidiani dell'arresto dei tre volontari di Emergency a Lashkar-gah.
Avrete visto come i militari afgani,uomini dei servizi segreti e soldati dell'ISAF, durante una "perquisizione" abbiano trovato armi, esplosivo, granate all'interno di un magazzino dell'ospedale di Emergency a Lashkargah, nell'Helmand, Afghanistan del sud.
Ci sono dei punti da chiarire, ovviamente speriamo tutti che lo si possa fare al più presto, ma prima ancora desidero vedere liberi Matteo, Marco e Matteo.
Lo desidero per vari motivi.
Matteo Dell'Aira, infermiere, lavora in pianta stabile con Emergency da quasi 10 anni.
E' stato lui ad accogliermi nella valle del Panshir, lui a darmi fiducia e ad affidarmi l'incarico di gestire i progetti sul territorio.
Quello che posso dire di Matteo è che si tratta di una persona rara, quasi in via d'estinzione.
Matteo ha una compagna che lavora per Emergency in sede a Milano, insieme hanno una figlia di cinque anni, la metà dei quali Matteo li ha passati in Kurdistan, Palestina, e Afghanistan ovviamente, (dove ricopre il ruolo di Medical Coordinator, praticamente dirige l'ospedale) a curare altri bambini devastati dalla guerra.
Quando avevo dei dubbi, Matteo era sempre li presente, mi invitava nel suo ufficio a bere un thè verde e mi aiutava a vedere le cose sotto altri punti di vista.
Quando, il livello degli scontri si è alzato in Afghanistan nei territori di mia competenza (la valle di Kapisa con forti infiltrazioni talebane, la valle del Salang infestata dai predoni, gli scontri nel Panshir a seguito delle rivolte contro il PRT Usa) è stato lui a delineare i miei percorsi, a fermarmi e bloccare i progetti quando lo riteneva troppo rischioso.
Quando una volta sono piombato nel suo ufficio spaventato dalla guida spericolata ed irresponsabile di un autista, è stato lui a licenziarlo in tronco perchè aveva messo in pericolo la mia vita.
Matteo dà e pretende il massimo dai collaboratori, anche afgani, ma per questo loro lo stimano.
Matteo è un lavoratore infaticabile, passa in ospedale tutto il giorno e non si tira mai indietro di fronte alle emergenze.
Nel tempo che io ho impiegato a "smaltire" la mia prima esperienza, lui è stato altre due volte in Afghanistan, a Lashkargah, era felice l'ultima volta che l'ho sentito,il mese scorso, perchè finalmente si poteva dedicare "solo" alle emergenze di guerra, e non anche a compiti burocratici; era preoccupato, non tanto dalla precarietà della situazione (che è comunque sufficiente a mandare fuori di testa professionisti navigati), quanto perchè sapeva che la minaccia per Emergency è rappresentata non tanto dal terrorismo e dalla guerra, ma dal governo afghano e quindi dalla NATO/ISAF.
Quando Gino dice che "si vuole togliere un testimone scomodo" come Emergency, dice la pura e semplice verità.
Noi curiamo tutti, Al Qaeda, Talebani, Mujaeddin, Uzbeki, Hazarà, Tagiki, Pashtun.
Per noi sono tutti uguali, perchè la guerra non fa distinzioni; noi non chiediamo l'appartenenza politica ai feriti, li curiamo e basta perchè è questo che devono fare medici e infermieri, curare e basta.
Marco Garatti è un pilastro di Emergency.
Prima di tutto è un ottimo chirurgo ed un instancabile lavoratore (sono diventati famosi i suoi tour de force in sala operatoria che possono durare anche 20 ore magari dopo un attentato suicida), poi è un ragazzo semplice ed amichevole.
Poteva stare in Europa o andare in USA e guadagnare bei milioni, ma ha scelto Emergency come scelta di vita.
Quando l'ho incontrato a Kabul era provato dalla febbre, forse malarica, e proveniva direttamente dal Sierra Leone, dove aveva operato per mesi bambini africani, per tornare a Kabul e poi a Lashkargah.
Sotto il regime dei talebani, sotto le bombe della caduta di Kabul per mano dell'alleanza del Nord, con l'arrivo dei Marines USA, dei britannici ecc..Marco ha continuato a fare quello che sa di dover fare.
Operare.
Io vi chiedo, anche in base a questa mia testimonianza, che idea vi siete fatti di questa faccenda?
Ma soprattutto vi chiedo e mi chiedo:
- Una società civile che perde la capacità di indignarsi per la vergogna della guerra, e di dire che è ora di finirla di screditare Emergency, può ancora definirsi tale?
Certo, se chiudessero gli ospedali di Emergency in Afghanistan per noi cambierebbe poco, ma per altre centinaia di migliaia di persone costituirebbe la differenza fra l'essere curati e il non esserlo, quindi la differenza fra vivere e morire.
Io, personalmente lo ritengo inaccettabile e voglio, esigo, pretendo di vedere subito liberi i miei compagni Matteo, Marco e Matteo.
Se volete potete firmare l'appello "Io sto con Emergency" sul sito www.emergency.it
Un abbraccio "indignato".
Matteo
Nessun commento:
Posta un commento